Precariato e disoccupazione: crisi di identità, sofferenza, disagio

Precariato e disoccupazione: crisi di identità, sofferenza, disagio

Incontro con Eugenio Borgna, primario emerito di Psichiatria presso l’Ospedale Maggiore di Novara e Aldo Bonomi, sociologo, direttore Istituto Aaster, consulente CNEL.


Elogio della depressione
Aldo Bonomi – Eugenio Borgna

elogio-depression1e Lo sfarinamento dei legami sociali e familiari cosi come le ferite inferte dalla depressione, che segnano un numero  crescente di individui, sono i sintomi contemporanei della fragilità. Eppure proprio la fragilità ci indica i valori che  danno un senso all’esistenza. Come emerge dal dialogo tra un maestro della psichiatria e un eclettico sociologo,  riconoscersi fragili, insicuri, malinconici, è la premessa per ritrovare quello slancio comunitario rigeneratore che solo  ci mette in contatto con noi stessi e con il mondo aperto degli altri.

 

Dialogo sull’Italia
L’eclissi della società di mezzo
Un’analisi del destino della “società di mezzo”, schiacciata tra Stato e Mercato, svolta da due dei più lucidi interpreti della nostra dialogo-sull'Italia1 realtà economica e sociale. Siamo governati da élite che sanno “volare alto”, che riescono a inserirsi in  complesse trattative internazionali, ma accentuano sempre più la differenza tra ciò che, usando categorie  risorgimentali, potremmo chiamare il “primo” e il “secondo popolo”. C’è un popolo immerso nella quotidianità e  nella fatica del vivere e un altro popolo che “pensa il sentimento del primo” e ne costituisce, quindi, il legittimo  sovrano. Oggi ci troviamo in una situazione molto simile a quella che, nel diciannovesimo secolo, vide nascere le  nozioni di “società di mezzo”, “classe”, “comunità”. Sono solo cambiati i tempi e il secondo popolo non è più in  grado di leggere i desideri o i pensieri del primo e, di conseguenza, lo lascia solo. Dobbiamo ripensare molte cose e accorgerci che cresce il desiderio di una comunità e di quello spazio comune che chiamiamo “società di mezzo”.

Capitalismo infinito
Che cosa è cambiato rispetto agli anni del trionfo del modello della piccola e media azienda italiana rampante? E che cosa da capitalismoin-finito1 quando migliaia di imprenditori (molti nel Nordest) investivano nel Made in Italy e si lanciavano in nuove sfide,  mossi dalla voglia di affermarsi sul mercato e di guadagnarsi il proprio posto al sole ? Erano gli anni di quel che  Bonomi definì il “capitalismo molecolare”. È cambiato tutto. Dal Nordovest alla Pedemontana lombarda e veneta e  poi dall’Emilia, la Toscana fino al Sud, il nuovo saggio di Bonomi mette insieme le storie di artigiani, imprenditori,  piccoli e meno. E lo fa nel contesto non agevole di un declino dei ceti medi di mercato (professionisti, lavoratori  autonomi, piccoli imprenditori) e della middle class cresciuta con lo sviluppo dei sistemi di welfare. Eppure,  nonostante le difficoltà, l’indagine di Bonomi ci dice che piccoli imprenditori e lavoratori della conoscenza non subiscono passivamente la crisi; aggiornano le competenze, si muovono sul mercato, cooperano. Forse, in alternativa al “finanzcapitalismo” la traccia da seguire sta nella eventualità di far sì che la parola chiave, Economia, sappia tenere assieme le 3 T della new economy (Tecnologia-Talento-Tolleranza) con le 3 T della Terra come risorsa, del Territorio da ripensare e della Tenuta dell’ecosistema.

La fragilità che è in noi
Quale è il senso di un discorso sulla fragilità? Quello di riflettere sugli aspetti luminosi e oscuri di una condizione umana che ha fragile molti volti e, in particolare, il volto della malattia fisica e psichica della condizione adolescenziale – con le sue  vertiginose ascese nei cieli stellati della gioia e della speranza, e con le sue discese negli abissi della insicurezza e  della disperazione -, ma anche il volto della condizione anziana, lacerata dalla solitudine e dalla noncuranza, dallo  straniamento e dall’angoscia della morte. La fragilità, negli slogan mondani dominanti, è l’immagine della debolezza  inutile e antiquata, immatura e malata, inconsistente e destituita di senso; e invece nella fragilità si nascondono  valori di sensibilità e di delicatezza, di gentilezza estenuata e di dignità, di intuizione dell’indicibile e dell’invisibile  che sono nella vita, e che consentono di immedesimarci con più facilità e con più passione negli stati d’animo e nelle emozioni, nei modi di essere esistenziali, degli altri da noi.

Il tempo e la vita
Che cos’è per l’essere umano il tempo? Qual è il significato che assume nelle nostre vite? Quanto è rilevante nella definizione tempo-e-la-vita1 delle identità e delle esperienze di ciascuno? Il tempo sta in rapporto con la finitudine, caratteristica della mortalità,  e insieme con l’infinito, ma anche con le emozioni, quali il dolore e la gioia. La vita non sarebbe tale se non fosse  cadenzata dal passare delle ore, delle stagioni, delle età e di quel tempo più personale che non può venire  misurato con esattezza, ma che contribuisce a definire l’esperienza della vita stessa. Il soggetto non sarebbe  insomma tale in assenza di una traiettoria temporale. Il tempo non casualmente rappresenta un tema ricorrente in  letteratura e in filosofia, e ha una grande importanza pure nella psicopatologia e nella cura. Nel suo trascorrere  condiziona la vita quotidiana, così come colora le esperienze mistiche che lo trascendono. È elemento costitutivo dell’identità e permea la coscienza e l’esistenza di ciascuno. Nel sondare le profondità dell’animo non si possono dunque trascurare il tempo e l’esperienza diversa che ognuno ne fa. Può trattarsi di volta in volta di un tempo sospeso, come nel sogno, o frammentato, come nella memoria lacerata di chi soffre di malattie quali l’Alzheimer; può essere il tempo della noia, per chi si sente paralizzato nel presente, o quello della nostalgia di chi volge lo sguardo al passato, o ancora dell’attesa di chi guarda avanti, al futuro.

Parlarsi
Che cosa è questa parola ambivalente, “comunicazione”, che entra in gioco in ogni forma di discorso e di vita? Eugenio Borgna ci spiega come sia fondamentale entrare in comunicazione con se stessi e con il mondo, e lo fa con l’illuminante saggio Parlarsi. Borgna-Parlarsi_libro Alcune esperienze fondamentali nella nostra vita ci consentono di conoscere e di capire chi siamo e sono quei  momenti che ci stravolgono di felicità o di tristezza, che ci fanno intravedere come siamo davvero e come  reagiamo al mondo circostante. L’autore di Le emozioni ferite e di Elogio della depressione ci aiuta a riflettere e  a metterci realmente in comunicazione con queste esperienze illuminanti della nostra esistenza. Con una  premessa etimologica, ovvero che comunicare vuol dire “rendere comune” e quindi dialogo e relazione, Borgna  ci racconta che noi entriamo in comunicazione, e cioè in relazione con gli altri, in modo tanto più intenso e  terapeutico quanta più passione è in noi, quante più passioni siamo in grado di provare e di vivere. Quali sono  allora le parole del parlarsi? Le parole del silenzio (lo stupore, la gioia, il dolore), le parole della sofferenza  psichica (la follia e il delirio), le parole degli adolescenti e della vita adulta, le parole della vita anziana. Per Borgna e per tutta la psicologia moderna comunicazione è infatti sinonimo di cura perché, solo quando condividiamo ed esprimiamo, riusciamo a capire cosa ci sta accadendo e forse ad ammettere di avere un problema o un’emozione. In una panorama globale del parlarsi, Eugenio Borgna si approccia ad ogni forma di comunicazione ambivalente, da quella virtuale dei social network, alla comunicazione corporale e a quella disturbata.